Recensione di   Balkan Castevet Balkan Castevet

Joker: Folie à Deux

(Film, 2024)

Joker - Foliè a Deux parla della tematica del doppio, della contrapposizione, o presunta tale, tra Arthur Fleck e Joker e dell'eredità di quest'ultimo a livello sociale, dunque sulla popolazione e sulle conseguenze di tali atti e ciò che comporta.
Ciò fa pensare all'attuale situazione socio-politica negli States, il personaggio del Joker diventa idolo per una fetta di popolazione, dunque il parallelismo tra l'assalto a Capitol Hill e quello al tribunale che avviene nel film.

Joker come Trump hanno fatto presa su fasce estreme dei cittadini che reagiscono con atti di delinquenza.

 

Perciò il film si interroga sul fatto che Arthur sia vittima del Joker e dell'estremismo della folla che ha creato, che vuole il Joker, vuole quel personaggio.

 

Phillips per mostrare la tematica del doppio mostra molte inquadrature di Arthur da dei monitor, ci sono molte tv che mostrano le interviste di Arthur così come i monitor del tribunale e questo serve anche a dare il concetto della veicolazione dei media, ciò che questi mostrano, ciò che arriva alla popolazione.

Su tutte è emblematica la sequenza dell'intervista di Paddy Mayers ad Arthur con l'alternanza di primi piani tra Arthur al tribunale e tra i monitor/tv.

 

Il personaggio di Lady Gaga, Lee, è quello che più di tutti istiga Arthur a mostrarsi come Joker e ad atteggiarsi da tale, le scene di musical, quando dunque scatta la love story tra i due, sono più colorate e come idea di fondo anche “ritmate”, anche se Phillips non è molto a suo agio a creare dare davvero quel senso di momenti schizzati e folli.

Tutto il film comunque è sempre pervaso da una nota drammatica e di melanconia che rifletto lo stato di Arthur e di conseguenza anche le scene da musical saranno progressivamente più “tristi”.

 

La messa in scena del film è curata, la regia di Phillips vuole essere autoriale facendo però il passo più lungo della gamba, il regista non è un autore, non ne ha la forza infatti non ha un vero sguardo preciso e forte sulla situazione socio-politica che si viene a creare ma non ha neanche veri e propri tocchi personali.

 Phillips ha un mano eccessivamente pomposa, nel senso che punta, cerca di enfatizzare troppo, carica all'eccesso diverse situazioni e reitera molti momenti.
I primi piani su Phoenix sono troppo insistiti, cerca di affidarsi all'attore, alle sue espressioni così come il forzare a mostrare il fisico deperito sempre di Phoenix può creare shock facile ad uno spettatore più occasionale, generalista ma un autore non dovrebbe rifarsi a scelte così facili ed anche banali.

Dunque anche i rallenty, come scritto la regia è eccessivamente pomposa specialmente per la tipologia di film e per il dramma che vorrebbe raccontare.

Sì, ci sono dei piano-sequenza che mostrano tecnica ma tale tecnica in certi frangenti sembra un po' fine a se stessa e non degna di una visione corale, dell'insieme del film, di ciò che vuole narrare. Servono più a mostrare “i muscoli” di Phillips e a pompare ancora di più il tutto, come il piano-sequenza di Arthur in carcere.

 

A tratti si è un po' sempre lì, Arthur anche in questo caso è un po' vittima di tutto, è vittima dei secondini del carcere, è vittima folla che lui stesso ha creato, è vittima dell'ombra del Joker.

 

Phillips in alcune momenti prova anche ad inserire immagini che vorrebbero raccontare come ad esempio i due Joker che inseguono Arthur, scena che si vede anche nel trailer, che vorrebbe significare appunto l'ombra del Joker, ciò che lui ha creato che insegue Arthur, o alcuni momenti dei musical che iniziano in nero con il puntino di luce che si espande che mostra come Lee sia la sua luce, la sua ragione di vita.

Ma la regia non ha la forza per dare davvero consistenza al film.

 

L'incedere del film infatti risulta anche blando, sì, questo dovrebbe essere contestualizzato con la malinconia di Arthur ma a tratti il tutto si trascina un po' forza con l'aggiunta, e aggravante, di quei momenti pomposi, reiterazioni che appesantiscono il tutto.

Anche l'enfatizzare della risata di Arthur è una scelta alquanto rivedibile.

 

Il simbolo che diventa icona, il rimanere vittima di questo e una società che cerca perennemente idoli, come mostra anche il finale, Arthur e Joker forse sono un tutt'uno, non c'è una vera doppia personalità ma non per la folla che invece vuole il Joker e non gli interessa minimamente di Arthur, di ciò che ha passato, dei sui drammi e dei suoi dolori.

Film che ha anche mire volendo cinematografiche con il pubblico dunque che vuole, richiede determinate cose ma ovviamente ciò si allarga anche a livello socio-politico con i cittadini che vogliono un leader che dica determinate parole e  dei media che facciano altrettanto.
Trump, Fox News mostrano, inseguono questo tipo di folla.

 

Come scritto, il problema è che Phillips non riesce ad addentrarsi chissà quanto nella situazione socio-politica, non ne ha la forza e che la sua gestione del film risulta un po' ampollosa, troppo caricata, enfatica con scelte facili e reiterate.

In più, il personaggio di Lee non è neanche chissà quanto esplorato e approfondito risultando dunque anche superficiale.