SGUARDI DAL MONDO: ASGHAR FARHADI

Dall'Iran arriva una buona tradizione di registi festivalieri: Kiarostami prima e adesso Panahi, Jalilvan e Rosoulof. Tutti con problemi più o meno importanti con la censura del regime, ma supportati dalla critica internazionale. 

Il più conosciuto della sua generazione è sicuramente Asghar Farhadi che partendo dal suo Iran è arrivato a girare produzioni internazionali come Il passato e Tutti lo sanno e alla vittoria di due premi Oscar come Miglior Film Internazionale. 

Le sue prime tre opere, difficili da vedere in Italia, non ebbero grande distribuzione internazionale, ma i temi che poi impareremo a conoscere nei suoi film più famosi sono già  presenti. Dancing in the dust parla della difficile separazione di due giovani e di come reperire i soldi per restituire la dote; Beautiful city tratta di un condannato a morte e di come il perdono del padre della vittima possa evitargli l'esecuzione; Fireworks Wednesday torna a parlare di matrimoni in crisi mostrando al mondo la tradizione dell'accendere in strada fuochi d'artificio nell'ultimo mercoledi dell'anno persiano per purificarsi e iniziare bene l'anno nuovo. 

Con About Elly arrivano i grandi Festival e i premi. La pellicola vince l'Orso d'argento per la miglior regia al Festival di Berlino e il film lo lancia in tutto il mondo. Farhadi gira un thriller sociale in cui la scomparsa di una donna e i segreti di un gruppo di persone confinati in una villa al mare sono un motore narrativo eccezionale. I fantasmi dell'infelicità e della chiusura della società iraniana deflagrano in un nodo gordiano (cifra stilistica delle sceneggiature stupende del regista iraniano). 

E poi arriva Una separazione. Orso d'Oro al Festival di Berlino, ma soprattutto Oscar come Miglior Film Internazionale e consacrazione mondiale. Una nuova sceneggiatura che è un ingranaggio perfetto e mette alla berlina le differenze sociali, l'esaltazione religiosa e la crisi della famiglia. Farhadi gioca con lo spettatore al gatto e il topo abbattendo ogni certezza, insinuandogli dubbi senza dargli mai delle verità assolute. Tant'è che finale, in quella sala d'aspetto, conferma che secondo il regista non è importante che lo spettatore sappia e scopra tutto, ma che si senta stritolato nella situazione sociale attuale. Superstizione e obsolete regole sociali sono ancora più importanti di una sana conversazione riparatrice. Davvero una pellicola incredibile.

 



La ribalta internazionale lo porta a produzioni europee e nasce Il passato, opera in concorso a Cannes dove Berenice Bejo vince il premio per la Miglior attrice. Il protagonista resta iraniano, ma lo sguardo questa volta si volge alla multietnica società francese dove le contraddizioni non mancano. In più, come suggerisce il titolo, il protagonista è il passato, quello delle verità che si vogliono dimenticare, quello delle azioni che non si vorrebbe aver compiuto, ma che per forza di cose impatta sul presente. Forse spaesato in Francia con Il passato Farhadi fa un passo indietro, ma gira comunque un film da vedere. 

Con Il Cliente torna a girare in Iran nonostante si appoggi ad un dramma immortale di Arthur Miller come Morte di un commesso viaggiatore. A Cannes riceve il premio per la sceneggiatura e per il protagonista maschile. Soprattutto arriva il secondo Oscar per il Miglior film Internazionale, evento da pochissimi eletti. Altro grande dramma costruito su sceneggiatura di ferro e grandi piani sequenza. Ennesima conferma che dai film di Farhadi non si può uscire. Catturano e travolgono. Film a trazione maschile che si presenta più crudo dei precedenti, ma imperdibile. 

Nel 2018 si avventura in Spagna e con due star come Penelope Cruz e Xavier Bardem gira Tutti lo sanno. È però l'opera meno riuscita della sua carriera. Apre il Festival Cannes senza troppi clamori. Per la prima volta la sua sceneggiatura risulta prevedibile e il film sa di già visto. I segreti di famiglia confinati in un borgo spagnolo sono poca cosa rispetto ai drammi a cui ci ha abituati. Resta comunque un thriller godibile. 

Ultima produzione ad oggi è Un eroe. Questa volta è Gran Premio Speciale della Giuria a Cannes per il ritorno a livelli altissimi. L'ascesa e la caduta di un uomo in carcere per debiti è semplicemente l'immagine di una società che ha bisogno di simboli da sfruttare per poter brillare. Come sempre inchioda alla poltrona e pone domande tanto semplici quanto di difficile soluzione. Tutto va come può solamente andare in un flusso obbligato. Crudelmente terribile. 

In sunto quello di Farhadi è un cinema etico che cerca di mettere in crisi le convinzioni dogmatiche delle società che descrive. Lontano dal cinema spettacolare, ma capace di costruire trame in equilibrio tra il thriller e il dramma riesce comunque ad agganciare lo spettatore che resta senza via di scampo nel flusso delle sue sceneggiature. Infatti la maestria di Farhadi è  tutta nel riuscire a creare film che procedono con il ritmo della vita, senza scossoni, ma con un flusso preciso, inarrestabile e spesso crudelmente ingovernabile. Quel flusso che la macchina da presa riesce ad imprigionare.