SGUARDI DAL MONDO: JANE CAMPION

Fino all'inizio degli anni Novanta le registe importanti e conosciute a livello internazionale si potevano contare sulle dita di una mano: la nostra Lina Wertmüller, Agnes Warda e poche altre. La prima Palma d'oro è stata assegnata a una regista comunque prima del metoo e della rivoluzione femminista degli anni Dieci del nostro secolo a Jane Campion, autrice venuta dalla fine del mondo, ma capace di un rivoluzionario sguardo universale. 

Dopo aver raccolto numerosi premi con i suoi corti girati in Australia e un'opera per la tv arriva l'esordio nel lungometraggio con Sweetie, direttamente in concorso a Cannes. Il film divide il Festival perché non ha paura di disturbare mettendo in scena i problemi di una ragazza chiusa nel suo mondo e grassoccia che è convinta di trovare il suo principe azzurro. Le fa da controcanto la sorella Sweetie anche troppo espansiva. Ne esce il ritratto di una famiglia disfunzionale narrato con un linguaggio spesso visionario. 

Il vero successo arriva però con il seguente Un angelo alla mia tavola, Gran Premio della Giuria al Festival di Venezia. Ritratto al femminile di una scrittrice neozelandese dal talento cristallino, ma dalla vita tormentata a causa di una diagnosi sbagliata di schizofrenia. La regia si fa più asciutta, ma la capacità della Campion di mettere in scena i sentimenti senza cedere al sentimentalismo diventa la sua marcia in più. 

Arriviamo al 1993, l'anno della consacrazione a Cannes con Lezioni di piano, dove fa la storia divenendo la prima volta che il prestigioso premio va nelle mani di una regista. A questo faranno seguito 8 nomination all'Oscar tra cui miglior film e miglior regia e la vittoria per la miglior sceneggiatura originale. È l'opera della maturità e della consapevolezza sia artistica che contenutistica. Di nuovo il ritratto di una donna considerata diversa dalla comunità che trova nell'arte la sua forma di sopravvivenza e di espressione. Con uno stile rigoroso riesce a creare scene visionarie, poetiche e sensuali che unite ad una colonna sonora entrata nella storia travolge lo spettatore che non può uscire dalla sala indifferente. 

Gli Oscar portano la fama e le collaborazioni con grandi attori. Da questo mix nasce Ritratto di signora, riduzione cinematografica del romanzo di Henry James, con un'allora emergente Nicole Kidman e un mefistofelico John Malkovich. Sempre più9 a suo agio con i film in costume la Campion si cimenta nuovamente con una donna che cerca di uscire dai rigidi schemi dell'alta borghesia americana. Non rinuncia ad uno stile forte e deciso che toglie la polvere ai film in costume. 

Il successivo Holy smoke in concorso a Venezia spacca completamente critica e pubblico. La Campion torna in Australia e torna ad abbracciare atmosfere torbide in cui sensualità e ragione si scontrano frontalmente. Nuovo ritratto femminile potentissimo che si sposa con uno stile audace e anticonformista. È  forse il film più femminista della regista, ma richiede una libertà  di pensiero che non tutti gli spettatori possono avere. La scelta di Kate Winslet come protagonista si rivela azzeccata. 

Nicole Kidman produce la Campion a Hollywood, e arriva Meg Ryan come protagonista. Il connubbio diventa il più grande scivolone della regista che pur continuando la sua personale ricerca nella sessualità femminile dimostra di non trovarsi per niente a suo agio con le tinte thriller. In the cut incespica, ma almeno nella sua prima parte trova un suo stile personale. 

Con l'opera successiva torna ai film in costume e torna in concorso a Cannes: Bright star che pur raccontando gli ultimi anni di vita di uno dei massimi esponenti del romanticismo inglese come Keats rende protagonista la sua innamorata. La nuova sfida della Campion è quella di trasporre le poesie sul grande schermo. In un alternanza di amore puro e desiderio inappagato a causa delle differenze sociali si arriva al fatale epilogo. È il film più trattenuto della regista che riesce a far implodere i sentimenti. 

Da vera pioniera nel 2013 gira The top of the lake, una tra le prime serie televisive a firma di un maestro del cinema. Naturalmente lo fa senza abbandonare i suoi temi principali: un gruppo femminile, comunità chiuse, una natura selvaggia e la sessualità come potere. 

Segue un lungo silenzio rotto dal successo de Il potere del cane produzione Netflix che le vale il Leone d'argento alla Mostra di Venezia per la miglior regia e l'Oscar sempre per la miglior regia. Per la prima volta si cimenta con un protagonista maschile, ma la rude natura e il desiderio sopito continuano ad essere la guida del suo lavoro. Un gioiello imperdibile che la riporta ai fasti di Lezioni di piano con cui condivide l'idea di natura crudele e poco accogliente che plasma il carattere degli uomini. Purtroppo non visto da tutti ma una delle migliori opere degli anni Venti.

 


Jane Campion è probabilmente la regista più rivoluzionaria della Storia del cinema perché il suo è sempre stato un occhio femminile, un punto di vista diverso da quello quasi esclusivamente maschile visto prima. Femminista? Forse non sempre, ma capace di mostrare il desiderio di una donna, cosa non da poco e spesso mostrato solo in chiave peccaminosa. Se a questo aggiungiamo ambientazioni poco stereotipate otteniamo delle opere inconfondibili. Speriamo ci regali ancora altri scampoli di desiderio.