SGUARDI DAL MONDO: PAOLO SORRENTINO

È il regista italiano più amato negli Stati Uniti, spesso considerato unico erde di Fellini per il suo stile personale e per la sua capacità di raccontare ed inserire personaggi inusuali nei suoi film. 

L'esordio nel lungometraggio avviane nel 2001 con L'uomo in più, prima opera ambientata nella sua Napoli. Già da questa pellicola si possono notare alcuni tratti di quella che sarà la sua poetica: su tutto l'amore per i perdenti. I due protagonisti sono infatti uomini che da un momento all'altro perdono la fama e i soldi. Nonostante l'omonimia, ma un carattere profondamente diverso, il destino li porta comunque a un'inutilita sociale senza speranza. 

Già con l'opera seconda arriva il concorso a Cannes. Le conseguenze dell'amore ottiene ottime recensioni e consacra Sorrentino ad autore da tenere d'occhio. Sempre col sodale Toni Servillo, racconta la storia di un uomo che vive isolato in un albergo del Canton Ticino praticanente senza contatti umani. Regia asciutta, recitazione in sottrazione e importanza fondamentale dell'ambientazione sono altre caratteristiche che si impongono nel suo stile. 

Con L'amico di famiglia, seconda volta in concorso a Cannes, arriva il primo stop. La storia di un brutto strozzino che si presenta a casa delle vittime come l'amico di famiglia fatica, nonostante l'ennesimo protagonista reietto del mondo. Il brutto è ovunque nella società e l'ambientazione nuovamente asettica dell'Agro Pontino accentua la crudele mediocrità della vita. Decisamente snobbato all'epoca resta comunque un'opera da riscoprire. 

Con Il divo arriva il Premio della Giuria a Cannes e l'attenzione degli Stati Uniti dove il film approda agli Oscar con la candidatura al miglior trucco. Sorrentino per la prima volta si veste da fustigatore dei potenti e gira un'opera su Giulio Andreotti e la sua pesante presenza nella politica italiana degli anni Novanta tra il tentativo di farsi eleggere Presidente della Repubblica e la mafia. Lo stile si fa più  frenetico e sin dai titoli di testa l'opera si presenta più adrenalinica. Non mancano battute taglienti ed aforismi che ben si amalgamo con la regia asciutta. È  sicuramente la sua opera più riuscita anche se non la più facilmente fruibile. 

Le sirene statunitensi lo portano a girare il suo primo film in inglese: This must be the place, che ha come protagonista Sean Penn. La rockstar ormai fuori dai giri, che deve chiudere i conti del passato del padre morente, è meno originale delle opere precedenti e segna un rallentamento nella sua ascesa, ma gli permette di solidificare la sua fama internazionale. Ennesimo concorso a Cannes è comunque buon riscontro al botteghino. 

Nel 2013 estrae l'asso dalla manica e arriva in concorso a Cannes La Grande bellezza. Il vagare in una Roma decadente di Jep Gambardella esce a mani vuote dal festival. Gli incassi in Italia sono buoni, ma la critica non è unanime. La consacrazione arriva però da oltreoceano dove si innamorano del film che porta a casa l'Oscar come Miglior Film straniero. Lo stile si fa più rarefatto, la regia sempre più attenta alla follia della vita e al circo senpre più incosistente dell'esisistenza moderna. Un protagonista e tanti comprimari accompagnano in un viaggio nella città eterna che ipnotizza e stravolge. Probabilmente non il migliore, ma il più  riconoscibile. 

 



Con il seguente Youth, nuovamente in inglese e con due protagonisti di caratura mondiale come Michael Caine e Harvey Keitel, torna a Cannes. Lo stile si fa sempre più rarefatto, le ambientazioni fredde ricordano Le conseguenze dell'amore. Tra riflessioni su amore e morte in un ambiente che ricorda La montagna incantata di Mann il film punta dritto su una scena finale toccante e coinvolgente e stilisticamente ineccepibile. 

Segue una breve pausa dal cinema con la serie The young Pope, che segna un nuovo record diventando la prima serie di produzione italiana ad arrivare alla nomination ai Golden Globe e agli Emmy. Le lotte di potere in Vaticano affascinano il monfo e qualche anno dopo produrrà una seconda stagione dal titolo The new Pope

Il 2018 è  l'anno  di Loro il film uscito in due parti che racconta Silvio Berlusconi. Sorrentinonsi fa di nuovo fustigatore dei potenti, ma non rinuncia a raccontare la solitudine che scena dopo scena arriva ad attanagliare il leader decaduto. Il film incuriosì l'Italia e fece molto parlare di sé anche se si rivelò ostico per il grande pubblico sia per la durata che per lo stile. 

Penultima fatica È stata la mano di Dio lo vede in concorso a Venezia dove vince il Gran Premio della Giuria. È  la sua opera più personale una sorta di Amarcord in salsa napoletana che anche grazie alla distribuzione su piattaforma ammalia il mondo. È la sua opera più sentimentale con il racconto dei suoi genitori e quello del suo padre cinematografico. Non rinuncia alle follie di Napoli e cosi l'opera sorrentiniana è  pronta. 

A Cannes questa primavera e pronto per le sale è la volta di Parthenope, nuovo film ambientato a Napoli che racconta la gioventù, la sua sfacciataggine e la sua indecisione, la libertà e le costrizioni sociali. Visivamente intrigante, ma più patinato del solito, segna un passo indietro rispetto alle sue opere precedenti e la sua lettere d'amore a Napoli zoppica un po'. 

Eclettico, visionario, inventivo, amato dai Festival e soprattutto oltreoceano Sorrentino e il più grande prodotto da export del cinema italiano. Capace di accendere lattenzione attorno ai suoi film è sicuramente un autore a tutto tondo coerente anche a costo di fare qualche scivolone. Per un cinefilo quando esce un suo film è sempre il momento di andare in sala.