Uno sguardo su Mumbai

Arriva dal documentario la regista Kapadiya e a onor del vero si vede. Il suo passaggio alla fiction presenta ancora diverse analogie col realismo di quel genere e purtroppo porta con se i pregi e i difetti del documentario anche su questo film di fiction. 

La Kapadiya ha un occhio attento, che sa insinuarsi nella complessa società Indiana e il suo è un lavoro a stringere mettendo sempre più a fuoco la singola realtà. Parte con un piano sequenza sulle coste della città di Mumbai dove gli strati più poveri della società tendono ad accatastarsi per sopravvivere. 

Poi tra le corsie di un ospedale e nella vita di un povero condominio segue le vite di alcuni personaggi che cercano di sopravvivere al caos della metropoli fino alla fuga sulla costa rurale dove finalmente potranno trovare se stessi e il loro posto nel mondo e nell'amore. 

Forma molto asciutta per un racconto non troppo originale della società. Originale è la scelta stilistica che però concede davvero molto poco allo spettacolo e nelle quasi due ore di durata diventa pesante. La camera indaga i personaggi da angoli inusuali e lo sguardo della regista passa per angoli diversi dal solito. Peccato che alla fine differenze religiose e un amore combattuto si saino già visti troppe volte. 

Vincitore a Cannes del Gran Premio della Giuria è un film profondamente femminile nella composizione del cast e nella trama, ma sembra mancare di quelle emozioni che possono coinvolgere lo spettatore. Più nuova la parte della donna che non ha notizie dal marito emigrato da anni in Germania, ma da Cannes ci si aspetta di più.