Ozon è un regista che ama spiazzare il suo pubblico. Ogni sua opera cambia registro, stile ed ambientazione senza un'apparente continuità. Dalla commedia di derivazione teatrale (Potiche - La bella statuina) al thriller metafisico (Doppio amore) fino al film di denuncia vero e proprio che sperimenta oggi per la prima volta.

Si affida a fatti realmente accaduti, testimonianze e articoli di giornale per parlare di pedofilia e di Chiesa con un film rigido e antispettacolare, decisamente diverso dalla precedente filmografia. Il film però funziona, regge le 2 ore e 15 di durata senza annoiare, ma cattura storia dopo storia personaggio dopo personaggio. Perché Grazie a Dio è prima di tutto un racconto corale, più voci che descrivono le diverse reazioni che la mente umana può trovare per superare un tale crimine.

Ozon si affida a una regia molto rigida, decisa e si avvale di un montaggio serrato che non lascia mai cadere il ritmo. I dialoghi, le lettere e le scene travolgono lo spettatore senza lasciargli respiro in un crescendo.

Buon cast guidato da Poupaud, che aveva già lavorato con Ozon ne Il tempo che resta. Tutti convincenti sia le vittime che i prelati. E come dimenticare il figlio del protagonista a cui è affidata la domanda da brivido finale? Vale da sola il prezzo del biglietto.

Passato in concorso a Berlino dove ha portato a casa il Gran Premio della Regia. Un film necessario, forte e in parte spettacolare. Di certo superiore a Spotlight film a cui è stato più volte paragonato. Da vedere.