E' più che evidente che Farhadi è uno dei migliori, se non il migliore, sceneggiatore in attività. Sicuramente è anche un grande regista, ma è innegabile che ciò che caratterizza di più le sue opere sia il suo modo di scrivere, creare sceneggiature granitiche, monumentali e coinvolgenti come nessun altro riesce a fare oggi. Una separazione, che allo stato attuale resta il suo capolavoro, è una lezione di scrittura per qualunque studente di cinema: dialoghi incalzanti, incedere della trama con grande respiro, senza scossoni o brusche accelerazioni, ricerca di riflessione attraverso accadimenti che coinvolgono la sfera etica e morale. Caratteristiche che si ripetono in Il passato o che già si intuivano in About Elly
Il cliente, ultimo film del regista acclamato e premiato a Cannes proprio per la sceneggiatura (oltre ad un premio al protagonista maschile), conferma queste sue grandi doti. Questa volta si ispira molto liberamente ad un'opera occidentale come Morte di un commesso viaggiatore, e per questo forse risulta meno originale, ma senza snaturare il suo cinema. La trama procede come una spirale che si stringe attorno ai protagonisti bloccati dalle loro vite, ingabbiati dalla società, costretti a scelte che non avrebbero voluto prendere. Il bene e il male non è mai così semplicemente definibile, come la rigida società iraniana sembrerebbe imporre perché il fattore umano è sempre più importante del previsto.
La regia è austera, ricca di lunghi piani sequenza che seguono i protagonisti lungo le scale dei palazzi, decadenti o in costruzione che siano. Farhadi rende corale la storia pedinando tutti i suoi protagonisti, prendendosi i tempi perché la storia possa crescere e maturare nell'animo dello spettatore, anni luce lontano dal moderno e ansiogeno cinema hollywoodiano. Il suo è un cinema classico e raro capace di coniugare cinema d'autore e impegno in modo decisamente più abbordabile rispetto ai grandi maestri da Festival che spesso non fanno che allontanare lo spettatore per la cripticità o la lentezza della pellicola.
Notevole tutto il cast, capeggiato da Shahab Hosseini. Riesce a conferire vacillante umanità al suo personaggio che rischia di cadere nell'odio nonostante la formazione classica e letteraria che dovrebbe aprire la sua mente.
Ottima opera da vedere e meditare scena dopo scena. Un piccolo taglio nella parte iniziale avrebbe aiutato, ma sono piccoli nei assolutamente perdonabili. Vedremo se arriverà alla cinquina del miglior film straniero agli Oscar, come sembra scontato.