Ozon è uno dei più importanti registi francesi che riesce ad alternare commedie a drammi impegnati e film più scandalosi e scomodi. Andrà tutto bene appartiene alla terza famiglia perché parlare di morte assistita, sebbene dopo Le invasioni barbariche o Mare dentro, scuote sempre pubblico e coscienze.
Ma Ozon sa ben trattare la morte e non la vive come taboo. L'ha raccontata attraverso gli occhi di chi sa che presto non vedrà l'alba ne Il tempo che resta e ci ha danzato insieme in Estate '85. Qui non si nasconde di fronte al suicidio assistito per il fine vita. Gira una storia che conosce molto bene perché tratta dal romanzo di una sua cosceneggiatrice, ma non si risparmia.
Perché è andato tutto bene non è un film mortifero, ma regala attimi di humor nero davvero notevoli. Perché il protagonista, in realtà, non è un personaggio gradevole, è egoista, farfallone, in lotta con la moglie e con l'amante, forse in lotta col mondo già prima dellicrus. Il tutto però è visto attraverso gli occhi dellafiglia preferita, persona a cui l'uomo si rivolge per ottemperare al suo piano. Qui si annida il dolore, ma anche la presa di coscienza di una verità crudele.
E Sophie Marceau è davvero convincente, capace di disegnare tutti i sentimenti contrastanti che può vivere una donna a cui viene chiesto di organizzare una morte. Così come Dussollier che non si nasconde dietro alla malattia, ma provoca e diverte col suo sguardo.
Passato in concorso all'ultimo Festival di Cannes è l'ennesimo buon film di Ozon, che nonostante una grandissima carriera non è ancora riuscito a regalarci il suo capolavoro. Da vedere per capire come si può affrontare la morte anche col sorriso sulle labbra e uscire dalla sala comunque non tristi anche se col cuore gonfio.
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