PRODURRE UN FILM GRAZIE AL CROWDFUNDING : L’INCREDIBILE STORIA DI SVEVO MOLTRASIO

 

Svevo Moltrasio : dal Web, a un caso cinematografico record

 

 

Intervista a cura di 

Luca Redavid e Gianluigi De Dea

 

D: Come hai sviluppato l'idea di sconvolgere le vite quotidiane dei protagonisti, e come questa scelta ha influenzato lo sviluppo della trama?

 

R: Il paradosso riguardo la casa è lo spunto da cui sono partito. Era un’idea che mi divertiva che pensavo di svolgere in tono di commedia pura, anche comica. Poi invece lo sviluppo ha preso una piega ben diversa, più contorta e cupa. Che dovesse essere un gioco al massacro – soprattutto verbale – per i personaggi ma in parte anche per lo spettatore, era invece un elemento già deciso all’origine.

 

D: All'arte e al cinema in particolare va il merito di fotografare aspetti non sempre confortanti delle nostre esperienze. La tua opera sembrerebbe confermare tutto il senso di declino e rassegnazione della cività occidentale. Puoi parlarci dell'ispirazione dietro questa rappresentazione?

 

R: Effettivamente cercavo un racconto a metà strada tra lo spaccato generazionale e quello socio-culturale. La generazione dei 30/40enni di oggi, imbottigliati nel nuovo linguaggio condizionato dal web e dai social. Quella generazione che non è nata già in questo mondo, ma che si è dovuta in parte adeguare al dilagare del confronto virtuale. In fondo i personaggi di questo film vivono in una tipica bolla social, in cui ognuno vede solo il proprio punto di vista convinto che sia l’unico giusto e possibile. Le argomentazioni passano in secondo piano, le competenze, l’empatia anche. Conta solo auto-confermarsi e auto-affermare la propria ragione.
 


 

D: C'è un messaggio che vuoi comunicare a riguardo, oppure ritieni sia sufficiente la divulgazione?

 

R: Il messaggio è la rappresentazione di una criticità, l'esasperazione, ovviamente, in via paradossale, comica e grottesca, di una realtà. Un film, perlomeno il mio, questo cerca di fare. Stimolare lo spettatore in questo caso cercando di sollecitare in lui quel disagio, anche fastidio, che questa realtà suscita in me. Ma senza imboccarlo, senza dare soluzioni, evitando didascalismi e retorica, altrimenti si diventa pedanti e poco interessanti.


 

D:  C'è stata un'attenzione particolare nella scelta del cast? E cosa rispondi alle critiche di chi ha parlato di "mancanza di amalgama" tra gli attori?  (Forse invidia per l’enorme raccolta via web da qualche “hater” fisiologico ?)

 

R: Non so chi abbia parlato di "mancanza di amalgama". Quando fai un film come questo, con dieci personaggi che sono anche dieci protagonisti, è abbastanza inevitabile che qualcuno apprezzi più un attore di un altro. È fisiologico. Nasce anche dalla tipologia del personaggi, alcuni possono interessare di più, altri di meno, alcuni possono risultare più gustosi, altri più insopportabili. Poi a me piaceva costruire un cast molto variegato, sia per origini territoriali che professionali. Può creare un po’ di disagio, ma è proprio quello che cercavo. Aggiungiamoci che in Italia non siamo abituati a vedere attori sconosciuti che ricoprono ruoli di protagonisti, quindi ci fa automaticamente strano sentire una voce o vedere un volto che non abbiamo imparato a conoscere già da anni e in tutte le sue sfaccettature. La scelta del cast è stata per una metà conseguenza di tutti questi anni di lavoro sul web – mi sono portato dietro diversi compagni di viaggio – e per l’altra frutto di una selezione in cerca di attori e attrici adatti ai personaggi, tutti comunque alla prima esperienza importante. 
 



D: Veniamo ora agli aspetti più "materiali" (ma non meno importanti). Come hai pianificato e gestito la campagna di crowdfunding per "Gli Ospiti" che ha raccolto una cifra così significativa? Cosa ha reso la tua campagna tanto attraente per i donatori online?
In che modo il tuo ruolo di "influencer" ha contribuito al successo della raccolta fondi?

 

R: Devo dire che per fortuna è venuto tutto abbastanza naturale. Ho un rapporto schietto e costruttivo col mio pubblico da sempre, quindi chi mi segue sapeva bene della mia passione cinematografica e della mia ambizione. È bastato parlargliene con sincerità e accuratezza per far si’ che in tanti avessero la voglia di darmi una mano. Di certo l’essermi esposto da poco su tematiche inerenti il sistema cinematografico italiano odierno, ha reso tutto il percorso ancor più logico e coerente, creando anche maggior curiosità su un progetto del genere.
 


 

D: Parliamo ora della distribuzione. Quali sfide hai affrontato nella distribuzione autogestita di "Gli Ospiti"? Come hai mantenuto il controllo sulla programmazione del film in un numero elevato di sale e per un periodo prolungato?
Hai utilizzato strategie specifiche per coinvolgere il pubblico e garantire un'affluenza costante alle proiezioni?

 

R: La sfida più grande è tentare di chiamare i cinema per farsi dare uno spazio che non sia una sala a noleggio o una singola proiezione. Mi ci è voluta molta caparbietà per convincere intanto un cinema a darmi quattro spettacoli con la promessa di aumentarli di fronte ad una buona risposta del pubblico. Voleva dire mettersi davvero in competizione con le grandi distribuzioni. A Roma ci siamo riusciti superando qualsiasi logica previsione. Siamo rimasti in sala, in più cinema, per un mese e mezzo. Il tutto, va sottolineato, senza alcun supporto di nessun ufficio stampo, oggi indispensabile perché una notizia arrivi ai più. Si è retto tutto grazie solo ed esclusivamente ai miei social e al successivo passaparola. Fuori da Roma purtroppo non ci è stata data la stessa opportunità, e a parte qualche caso isolato, ci siamo dovuti piegare alla tipica distribuzione “da cinema indipendente”, con una o due proiezioni qua e là. Peccato perché i numeri ci dicono chiaramente che il film aveva un potenziale pubblico ben maggiore di quello che stiamo avendo con questa distribuzione a singhiozzi che sta comunque registrando numeri incredibili.

 

D: Puoi condividere alcune esperienze sul set e le dinamiche che si sono sviluppate tra i membri del cast e della troupe durante la lavorazione del film?
In che modo hai affrontato eventuali tensioni o divergenze creative tra i membri del team?

 

R: Per fortuna è stato un set di sole tre settimane molto divertente e rilassato. Non ci sono stati episodi di tensione particolare, qualsiasi piccola discussione fisiologica è sempre rientrata nel giro di pochi minuti. Tutti i reparti sono stati in armonia, dagli attori ai tecnici. Non ci sono state nemmeno divergenze creative, visto che da quel punto di vista, avendo scritto, diretto, interpretato, prodotto e successivamente anche montato il film, perché ci fossero divergenze avrei dovuto litigare con me stesso. Gli attori si sono tutti fidati del testo, delle mie indicazioni e, soprattutto, del loro intuito e mestiere. Con i reparti tecnici c’è stato invece un dialogo costante sul set per arrivare a chiudere le scene sempre al meglio.