Questa volta Antonio Albanese assume il personaggio di un maestro elementare che vuol rinnovare la sua carriera puntando sul trasferimento da una grande città a un borgo sperduto dell'Abruzzo. Arriva lì credendo di poter cambiare il mondo e naturalmente sarà il contrario. Perfino qualcuno tra gli studenti ne sa più di lui su cosa e come fare con l'informatica. La trama ha lo spunto dalla denatalità, che spopola i piccoli paesi dell'entroterra. Ogni anno un certo numero di scuole spariscono (quest'anno 245). Sono i punti dove fisicamente ancora ci sono edifici destinati a raccogliere i bambini. Mentre, da lontano, sempre più lontano, c'è una direzione scolastica con una segreteria. Qui addirittura il dirigente cerca di chiudere il plesso del paese dove Albanese fa il suo esperienza, per favorire la scuola dove risiede. Forse poco probabile che possa accadere davvero, ma la storia mette in luce una assurdità tutta italiana, poco conosciuta: le “istituzioni scolastiche” con un Capo d'Istituto sono molte meno delle “scuole” dove viene erogato il servizio. 

Nella vicenda ha rilievo la vicepreside, che vuole a tutti i costi mantenere attiva la scuola nel suo piccolo paese: spesso infatti alla morte della scuola segue la morte dell'abitato. Vari espedienti verranno messi in pratica. Ottima la sua recitazione: Virginia Raffaele si dimostra qui convinta e convincente di ciò che vuol fare. Ottimo ovviamente come sempre Albanese, in uno sfondo in parte bucolico (con lupi e quant'altro) in un Abruzzo poco conosciuto ma presente, con le ovvie differenze, anche in altre parti dei nostri entroterra.