SPECIALE PREMIO AMIDEI: INVERVISTE A SERGIO STIVALETTI E ANTONIO TENTORI

Dall'11 al 17 luglio si è svolto a Gorizia il prestigioso premio Amidei. 
Io ho presenziato alla giornata del 15, attirata da ospiti del calibro di Sergio Stivaletti e Antonio Tentori.

 


Risate, curiosi aneddoti, racconti affascinanti che fanno sognare. Perché è questo che fa il cinema. Con le sue poltroncine rosse (nella mia testa, è questo, e soltanto questo il colore in cui sprofondare nella sala magica), l'enorme schermo, il buio, le ombre degli spettatori, la suoneria del telefono spenta (finalmente!), i secchielli di popcorn, e un paio d'ore in cui viaggiare lontano.


Alle 14 è stato proiettato: "M.D.C", basato su un dramma di Gaston Leroux rielaborato in chiave orrorifica. È stata la prima pellicola diretta da Sergio, di cui abbiamo discusso anche nella nostra intervista, e nell'intervento suo e di Tentori che si è tenuto alle 18.00 nella sala del Kinemax. 

Scopriamo che la sua passione è il fantasy, e che rimase affascinato dal lungometraggio: "Un milione di anni fa", anche se poi ha trovato una valvola di sfogo nell'horror. Ci racconta anche di non essere assolutamente nemico degli effetti digitali, anzi, di utilizzarli laddove sia necessario. Ci narra di come inizialmente la regia di M.D.C dovesse essere di Fulci, e ci illustra come avrebbe dovuto essere un evento, dato che tra i due registi era un po' noto che non ci fosse una grande amicizia. 

(Solitamente quando si è dei grandi in qualcosa, sorge un po' quel sano sentimento di competizione, è nella natura umana). Tant'è che Stivaletti ci rivela con simpatia di voci di corridoio che dicevano: se collabori con Lucio, poi non lavori con Dario e viceversa. Non fu possibile vedere questo sodalizio per la tragica scomparsa di Fulci, e Argento chiamò Sergio, che con ilarità ci ha descritto come si svolse la telefonata. All'incredibile offerta della regia rispose: "Ci penso un attimo", ma poi, riflettendo su alcune vociferazioni, (pare che se dici a Dario: ci penso un attimo, sei già fuori), recuperò immediatamente dicendo: "No no, ma sì, certo che lo faccio."

Alle 16 è andato in onda: "Un gatto nel cervello", con protagonista Lucio Fulci nel ruolo di sé stesso. Un'opera essenzialmente di montaggio, come ci chiarisce Antonio. Successivamente, rispondendo ad alcune domande durante l'incontro con gli autori, Antonio ci ha rivelato dettagli interessanti. Apprendiamo anzitutto che è un grande imitatore delle battute di Fulci, che possiede un'incredibile memoria, e che è in grado di rispondere a qualsiasi domanda sui film di genere, a partire dai nomi dei costumisti. Ci racconta poi di come inizialmente si era pensato a un attore poco conosciuto per interpretare il ruolo di Fulci, e di come la sceneggiatura iniziale non convincesse il regista. 


Ci spiega anche che fu proprio grazie alla conoscenza con Fulci se ebbe l'occasione di entrare nel mondo del cinema. Devo dire che è davvero bellissimo immaginare la scena. Tu vai davanti a Lucio Fulci, gli dici che vuoi lavorare con lui, e il sogno si realizza.
Oggigiorno, tu vai dinanzi a qualcuno, gli dici che vuoi lavorare per lui, e ti risponde: pagami. E di questo ne ho chiacchierato in separata sede con Antonio. Sarebbe bello avere indietro i vecchi tempi, in cui il talento aveva seriamente un valore.

All'ultimo quesito posto, e cioè: cosa vi fa più paura? Sergio ha risposto, il soprannaturale, raccontando anche di aver conosciuto padre Amorth e di aver assistito a un esorcismo. E questa è una tematica che mi affascina, di cui si potrebbe parlare per ore. Antonio invece, ha simpaticamente risposto: di tutto. Degli incontri, delle persone, della realtà. Per riuscire a realizzare al meglio qualcosa che susciti paura, bisogna provarla. Questa spiegazione vince tutto.
Forse, è proprio questo il punto fondamentale dell'orrore. Se non provassimo il sentimento della paura, i film horror, non esisterebbero.