Nel folle gioco della vita, non è mai realmente finita

La calma, gioiosa nella serenità di un pettirosso che canta la sua libertà. Tanto anelata e tanto cercata. 

La sete di potere, la distruzione nella caccia alla preda designata. Come le ali che si spiegano in volo, come l'imponente aquila inquadrata all'inizio di questo corto, pronta e raccontarci la sua simbologia in un breve attimo di supremazia.

Un ragazzo, in trappola, perso in una circostanza disperata, è alla ricerca di quella libertà smarrita, ma tanto bramata. Avvinghiata a quelle manette, smania per trovare una via d'uscita, una qualsiasi occasione per mettersi in salvo da quell'orrida situazione. 

Occhi spauriti ma nervi d'acciaio, una fugace speranza dipinge l'opportunità di uscire da quel grosso guaio. Non rimane altro che afferrarla e tentare la fuga, tra spari, corse perdifiato, e una valigetta da un contenuto subodorato, mai realmente svelato.


Nico è un ladruncolo, in viaggio dentro una volante. Di certo non avrebbe sospettato di finire tra le grinfie della giustizia, e tanto meno avrebbe immaginato di trovarsi tra il classico poliziotto buono, Ștefănescu (Eugen Neagu), e poliziotto cattivo. 

Uno dei due agenti ha adocchiato la preziosa valigetta del trafficante, affidatagli dal boss Don Vitaliano (Antonio Tentori), ed è disposto a qualunque cosa pur di impossessarsene. David White è decisamente antipatico e irritante nel ruolo di Jack, tifare per Nico è inevitabile.


Una risata, e un urlo non ci svelano del tutto la verità, lasciando alla nostra immaginazione qualsivoglia supposizione. Io, personalmente, tendo sempre a vedere il bicchiere mezzo vuoto, quindi, mi son detta che forse la vita è un po' burlona, e talvolta, si diverte a mettere chiunque in situazioni pericolose, lasciandolo poi con un pugno di mosche in mano. Tuttavia, è una mia personale interpretazione, che non trova conferma o negazione.

Eugen Neagu ci racconta questa corsa verso la salvezza e un nuovo inizio con una regia decisa con ottima gestione dei ritmi e buoni movimenti di macchina. Bella la scelta di alcune location quali il parco della Cervelletta e il parco delle cascate di Chia. Effetti impeccabili del maestro Sergio Stivaletti.


Michelangelo Stivaletti convince nei panni di un uomo ormai disperato, sofferente, ferito e braccato. La sua paura emerge a ogni respiro, a ogni sguardo atterrito, a ogni mossa atta a condurlo fuori dall'incubo.


In lotta per la sopravvivenza, scaltro abbastanza da provare il tutto per tutto, anche se, nella foga del momento, non riesce a contare correttamente, ma, non è detto che sia la fine. Anche quando tutto sembra perduto, l'incredibile può avvenire, pronto a disegnare ciò che l'inquieto timore non osava sperare.