Uovo covato con amore condurrà a tanto dolore

Un esordio abbastanza interessante e promettente quello di Hanna Bergholm, che seppur imperfetto, riesce a ben delineare la società contemporanea, e la ricerca incessante del voler apparire, anziché essere. Con una discreta abilità è in grado di analizzare questo spaccato attraverso un body horror a tratti raffinato. La forte ipocrisia di un'epoca che molto basa sull'apparenza, una caccia continua ed esasperata di ciò che possa fare tendenza. Una greve e ossessiva brama della realizzazione personale, trapela in abbondanza in questo Hatching-La forma del male. Il soggetto appare strambo e destabilizzante, e sotto vari aspetti, molto inquietante. In questo caso l'angoscia scaturisce più dalle disgrazie che un adolescente si ritrova a vivere, che a ettolitri si sangue o corpi straziati. 

 

Tinja è una giovane atleta oppressa da una madre dispotica e snervante, che attraverso falsi sorrisi, e continue riprese di un'esistenza "esemplare", tenta di mostrare al mondo una famiglia da favola, quando in realtà, è una bufala.

La piccola cerca realizzare i sogni di una genitrice soffocante nonostante tutto ciò le impedisca di trascorrere una pubertà normale. Il padre è praticamente inesistente, e si presta alla farsa, consapevole della doppia vita della moglie. (Che, molto candidamente, intrallazza con il tuttofare Tero, alla faccia della famigliola felice, (ma si sa, le gatte morte, sanno come imporsi sul consorte). La tragedia è proprio lì alle porte: dapprima, un corvo entra nella loro casa a disturbare siffatta tranquillità, e come se nulla fosse, l'algida matriarca, il collo gli spezzerà. Tinja andrà a seppellire il povero animale, e troverà nel bosco un uovo da salvare. Quando quel guscio si romperà, ciò che ne uscirà fuori, vi stupirà. La creatura si nutrirà delle energie negative della dodicenne, sino alla sua evoluzione finale, inevitabile, bizzarra e spaventosa.

 

Hatching racconta un dramma adolescenziale tra scenografie inappuntabili e deliziose (uno dei punti di forza del film), che vanno a contrapporsi ai temi cupi trattati.
L'impeccabile e bella villa padronale è una sorta di vetrina social così stucchevole da risultare falsa e noiosa, in cui risaltano dettagli ricercati, carta da parati colorata e biancheria sontuosa. Le due protagoniste ben riescono a sviscerare ciò che ci propone la sceneggiatura. Una donna altezzosa, priva di empatia, insoddisfatta malgrado abbia tutto, e una ragazzina che ingoia tutto pur di compiacere la mamma amorale, ma tanto disagio, prima o poi porterà a una conclusione fatale. Più che sufficiente il lavoro svolto dalla Bergholm alla regia, non possiamo che augurarle di mantenere la retta via.