Sotto l'asticella

Quando ci si impegna a realizzare un qualunque progetto si possono attuare svariate tecniche per raggiungere l'obiettivo finale ma una cosa non può e non deve mancare mai: l'elemento essenziale.

 

Un dolce senza zucchero non sa di nulla anche se si utilizzano gli ingredienti più pregiati, iscriversi ad un corso di studi senza avere alcuna motivazione non ha senso, partecipare ad una maratona senza allenamento è una idiozia.

 

Il Cinema non sfugge a questa regola: come ho già scritto più volte (recentemente in “The Watchers”), ci sono generi in cui, a prescindere dalla qualità tecnica finale  (regia, fotografia, interpretazione, colonna sonora, ambientazione, VFX), un elemento deve essere sempre presente e messo in forte evidenza: la tensione o ancor meglio il rabbrividire (dall'inglese thrill da cui, conseguentemente, deriva il termine thriller ossia far rabbrividire, tenere costantemente in tensione lo spettatore).

 

Generi come l'Horror hanno nell'elemento thriller la loro spina dorsale, senza se e senza ma: ci sono film che hanno il fine ultimo di disgustare lo spettatore, altri di spaventarlo ogni dieci minuti facendolo sobbalzare dalla sedia e altri ancora che impauriscono creando, nella mente dello spettatore, degli incubi notturni a cui non è così facile sfuggire in poco tempo.

 

Ognuno può attendersi determinati aspetti da un film appartenente a questo particolare genere, personalmente da un horror mi aspetto tensione e mistero, aldilà di smembramenti più o meno sanguinolenti, più o meno espliciti: la macelleria non genera tensione e men che mai mistero (solo l'inarrivabile “Martyrs” di Laugier c'è riuscito)

 

Si dice che in Italia non si realizzano più film di “genere” e, al tempo stesso, si da grande importanza al cosiddetto “cinema d'autore”: entrambe le etichette,  create da critici e giornalisti, sono odiose e hanno una funzione divisoria (separare il mainstream dalla "colta" elite); personalmente, non ho mai dato retta a queste definizioni perché il film è genere ed autore contemporaneamente, qualunque sia la sua origine, popolare o elitaria, che sia Fantascienza o Horror, che sia Drammatico o Thriller, Azione o Comico, biografico o Avventura, etc..

 

Il quinto lavoro di Zampaglione attualmente fa notizia perché, ogni tot anni, esce un film italiano di genere orrorifico e tutti i media gridano al “risorgimento” ma una rondine non fa primavera…

 

“The Well” ha un solo grande difetto: non c'è alcuna tensione e nessun mistero, tutto il resto passa in secondo piano.

 

Per quanto detto prima, a malincuore, non riesco ad avere una opinione positiva del film in quanto vengono a mancare gli elementi essenziali che rendono i massacri assolutamente inutili e non coinvolgenti (per non dire decisamente comici).

 

Una storia che non riesce a creare nello spettatore la voglia di scoprire cosa si nasconde dietro quel quadro o in quegli scantinati, mostri che più di una volta mi hanno ricordato quelli di “Silent Hill” del 2006, situazioni comiche da “Scary Movie” (cit. “Si, ce l'ho fatta, ce l'ho fatta!!! Tornerò a prenderti!”), background dei personaggi facilmente intuibili ed alltri abusati cliché che non mi hanno affatto entusiasmato.

 

Se penso ad “Oltre il guado” di Bianchini (2013) o al “The Nest” di De Feo (2019), solo per citare due esempi, penso che il “risorgimento” dell'horror italiano sia ancora ben lontano dall'essersi realizzato e non è un problema di fondi ma di idee, non è un problema di professionalità ma di scrittura.

 

Zampaglione ha delle capacità ma deve riuscire a lasciarsi andare, cercando di trovare l'originalità nella tradizione, la tensione nell'orrore, evitando di lasciarsi ammaliare dalla emotività visiva del sangue perché si possono far nascere degli incubi agli spettatori anche se non si fa vedere nessuna goccia rossa: The Ring e The Orphanage docet…

 

 

 

di Rael70