The Lighthouse

[Eggers, The VVitch e The Lighthouse]


Eggers è un autore colto, preparato, davvero bravo. Mi ha conquistato. Avevo aspettative alte, che sono state confermate alla grande. Anzi, con The Lighthouse sono andate pure oltre. Ho adorato questo film. Stupendo.

Provo a dire come la penso.

Sia The VVitch sia The Lighthouse hanno al centro il tema della finitudine umana, del rapporto dell'individuo con il trascendente, con il divino, l'angoscia derivante dalla consapevolezza di essere mortali, il timore della morte e il desiderio di andare oltre, di superare i limiti della misera, meravigliosa, condizione umana.

The VVitch declina questi temi a partire dal mito della strega, intorno al quale si innerva un incessante dialogo religioso, di matrice cattolica. I riferimenti abbondano. Non sono mai fini a sé stessi. I temi del peccato, della colpa, dell'ignoto che ci abita ancora più di quello che abitiamo. La mela che il ragazzo vomita durante la fase di possessione (scena sublime!), la sua espressione estatica, la stessa che si ritrova in Dafoe sul faro. Ecco, questi sono i due momenti principali della manifestazione divina - in The Lighthouse la metafora è decisamente più esplicita. Un dio che in quanto tale è irraggiungibile, abbagliante, immobile. Il finale di The VVitch è l'incontro col demonio, o comunque l'oscurità. In un primo momento mi era sembrato "fuori posto", ma ci ho pensato tutto il giorno e mi sono detto che invece Eggers lo ha studiato bene: la ragazza, uscita da quell'Eden sterile che era la fattoria di famiglia, entra nel bosco, nuda, fino a giungere a quel sabba. Si alza in volo. Perduta e smarrita come solo un umano può essere. Finalmente libera di essere sé stessa. Perché è nell'oscurità del bosco che si trova la via che conduce verso casa (Holzwege, i sentieri interrotti di Heidegger). E' nella selva oscura che si compie ogni nascita.

In The Lighthouse ci sono riferimenti a diversi miti, si evoca una pluralità di mondi. Come hai ben detto. Tutto si innerva, secondo me, anche se in modo forse velato, al mitologema della sirena.
The VVitch: strega.
The Lighthouse: sirena.
Il caprone e il gabbiano.
Il mito della sirena nasce dal sangue, dalla morte, dal terrore, ma nell’immaginario si trasfigura in una creatura che è insieme sensualità, fascino, attrazione; al contrario, il mito della strega, che nasce da condizioni opposte: la natura, il progresso, la scoperta, ecc., è stato trasfigurato in una figura oscura, spaventosa, terribile. Secondo me, i due film di Eggers recuperano, in qualche modo, questa dicotomia: The VVitch è una rinascita nell’oscurità, The Lighthouse è un morire nella luce. Caprone e gabbiano. Strega e sirena.

(Due miti che mi hanno sempre affascinato. Del resto, la mia città deve il nome alla sirena Partenope, ma la mia è anche terra di streghe: la janara, per esempio, è tipica dell’entroterra beneventano soprattutto).

Tra gli altri riferimenti, c'è La ballata del vecchio marinaio di Coleridge, nella quale il marinaio uccide l'albatros, uccello sacro, metafora divina, creatura che simboleggia Dio (tra l'altro l'albatros è lo stesso animale che Baudelaire paragona al poeta, creatura intimamente divisa, condannata a vivere tra due mondi - cielo e terra). Il marinaio uccide l'animale-dio (Pattinson e il gabbiano) e si scatena la tempesta.

E, da un certo punto di vista, il gabbiano, oltre ad essere una metafora del divino, è anche un'altra manifestazione della sirena, come avviene per le culture nordiche o dell'entroterra, per cui la sirena è un essere metà donna e metà uccello. Insomma, forse non è del tutto infondata questa possibilità.

In ogni però, c'è un chiaro riferimento anche a Ulisse: Pattinson, come il personaggio omerico, è attratto dal "canto" delle sirene, ma a differenza dell'eroe greco che si fa legare all'albero della nave, lui cede, osa, va oltre, come Icaro, come Prometeo, come l'uomo che prova a guardare Dio negli occhi ma non può sostenerne lo sguardo.

E poi in The Lighhouse c’è tantissimo altro, che film meraviglioso! Ci sono Prometeo e Icaro, Sisifo e Abramo, e poi Poe e Lovecraft, ma anche il battello ebbro di Rimbaud (quando ho visto questi tronchi nel mare ho pensato subito a lui) “felice di annegare dentro lo sciabordio degli specchi” come direbbe Brodskij (ma sono abbastanza certo che questo non ci sia, l’ho visto solo io). E ci saranno tantissimi altri riferimenti che non ho colto. Che bello. Adoro quando un film mi travolge e mi fa fare mille connessioni, spesso arbitrarie e che magari hanno poco a che fare col film stesso. In ogni caso, qui ritornano i temi del peccato, dell’espiazione, dell’oltre(passamento), del dialogo – intessuto di contraddizioni e ambiguità – con il trascendente, che è al tempo stesso oscurità che fa nascere (strega) e luce che estingue (sirena).

L’idea che il ragazzo (Pattinson) e il precedente compagno di Dafoe siano la stessa persona è suggestiva, plausibile, ma non mi convince fino in fondo. A mio avviso, si tratta di individui singoli, separati, accomunati dal fatto di aver cercato di guardare Dio negli occhi, ma il suo sguardo è insostenibile. Hanno cercato di risolvere il mistero che abbiamo dentro, piuttosto che viverlo. E hanno finito per esplodere, impazzire, sfumare nella tempesta esistenziale, divorati dalle anime dei nostri rimorsi, dei momenti non vissuti, dei passati alternativi, delle occasioni perdute, buttate al vento, lasciate ad appassire. Pattinson, e tutti gli uomini che lo hanno preceduto e tutti quelli che lo seguiranno, è ognuno di noi. O almeno quella parte che osa guardare Dio negli occhi, e che inesorabilmente precipita dall’altezza delle stelle, ritrovandosi moribondo sugli scogli, divorato dalla vita terrena.

Ecco, The VVitch si conclude con lei che si alza in volo, The Lighthouse con lui che precipita a terra. Direi che Eggers ha sintetizzato con grande efficacia la condizione umana, con questi due film, cogliendone i tratti peculiari, le dicotomie di fondo: luce e oscurità, incompletezza e immensità, razionalità e irrazionalità, cielo e terra, il frammento e l’infinito, il bisogno di avanzare e la tentazione di fermarsi, la necessità della scoperta e il timore dell’ignoto, poesia e prosa, mythos e logos, qui e ora e poi e altrove.
Strega e sirena.