Volutamente impalpabile
Lascia senza fiato e senza parole l'ultimo film di Martin Mc Donagh. Dopo lo straordinario Tre manifesti a Ebbing, Missouri torna ad ambientazioni europee e si lascia andare a una trama più rarefatta, con personaggi che, come dice il per una volta l'azzeccato titolo italiano, sembrano spiriti che vagano nella nebbia.
Partendo da un assunto stile commedia dell'assurdo Gli spiriti dell'isola si avvita sempre più in una spirale di crudele irrealtà. I caratteri non si capiscono più, non si sopportano più e così tutte le convenzioni sociali saltano e, dove gli avventori di un pub sono per forza di cose pochi, il grande male moderno della depressione si fa strada. E la commedia sparisce.
Perché in fin dei conti Gli spiriti dell'isola è una riflessione sul male di vivere o forse non vivere che precorre i tempi. Così il regista si appoggia sugli attori che lavorando in sottrazione tratteggiano un mondo in cui forse l'unico modo per vivere è fuggire. Gleeson è sicuramente il più convincente e ogni ruga del suo viso sembra raccontare la fatica di vivere.
A chiudere il quadro l'atmosfera rarefatta che il regista crea in modo magistrale grazie ad una fotografia che si basa sulla luce soffusa negli interni e che cerca di farsi spazio dalle finestre. Una colonna sonora ispirata ed ipnotica completa il tutto e ci trasporta in un mondo magico
Scritto bene, girato bene, interpretato bene. Tutto molto arty eppure alla fine manca qualcosa... Probabilmente lo vuole l'autore. È sicuramente programmato che il film non sia né empatico né coinvolgente: è nelle cose e nella sceneggiatura eppure si esce dalla sala con un piccolo rammarico e l'impressione che avrebbe potuto essere di più. A Venezia a settembre comunque portò a casa io premio per il miglior attore a Farrell e la miglior sceneggiatura... Non è poco